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martedì 30 settembre 2014

I costi minimi di settembre: il ministero decide di non pubblicarli?


Le tabelle ministeriali contenenti i costi minimi dell’autotrasporto uscivano solitamente tra il 7 e il 15 del mese. A settembre siamo arrivati al 22 e non se ne vede ancora l’ombra. Ora, potrebbe anche essere che escano nelle prossime ore o – comunque in ritardo – nei prossimi giorni. Ma è certo che se così non fosse questa lacuna acquisterebbe un significato tutto particolare. Cerchiamo di spiegare il perché. Esiste una norma secondo cui le istituzioni dello Stato e i giudici possono – e sottolineiamo «possono» - disapplicare una norma laddove questa sia in odore di incostituzionalità. Ciò significa che se il ministero dei Trasporti non pubblica i costi minimi a settembre effettua una valutazione precisa rispetto all’art. 83 bis, ritenendola «scivolosa» dal punto di vista costituzionale. Scommette cioè che, dopo la sentenza della Corte di Giustizia europea, anche la Corte Costituzionale concorderà sul fatto che non esiste nesso tra sicurezza e costi minimi e quindi a quel punto l’art. 83 bis diviene incostituzionale in quanto viola il principio di libera concorrenza fissato dall’art. 41 della Costituzione. Ma questa è chiaramente una valutazione di natura politica, in quanto non sfugge a nessuno che se il ministero, pur non essendo obbligato, decide di non pubblicare i costi minimi, sceglie deliberatamente di fornire uno strumento fortissimo agli avvocati della committenza, i quali potranno andare dal giudice di fronte cui pende la causa del loro cliente-committente e dire esplicitamente: «Ecco, anche il ministero ha deciso che i costi minimi non sono più da applicare. A questo punto cosa vuol fare, li vuole applicare soltanto lei?». Non bisogna infatti dimenticare che l’art. 83 bis da un punto di vista strettamente giuridico è in difficoltà, ma è ancora una legge dello Stato. E quindi, così come vale per il ministero, anche i singoli giudici, in base al loro libero convincimento, possono decidere di applicarlo o meno. In pratica, il rischio concreto è che si crei una sorta di applicazione a macchia di leopardo, che procede in alcuni tribunali in un senso e in altri in senso opposto. Ma se il governo batte la strada della mancata pubblicazione dei costi minimi e quindi in qualche modo finisce per condizionare anche l'operato dei giudici, si schiera apertamente, fa una scelta di campo di natura prettamente politica. Non a caso, interrogato sul punto nel corso dello scorso confronto ministero-organizzazioni dell’autotrasporto, il direttore generale dei trasporti terrestri presso lo stesso ministero, vale a dire Enrico Finocchi, ha risposto esplicitamente, che non dispone della «copertura politica» per pubblicarli. Vale a dire non ha l’avallo che ritiene necessario da parte di un esponente governativo. E questa sarebbe l’ennesima lacuna che potrebbe ulteriormente far scaldare gli animi.
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martedì 23 settembre 2014

Il cabotaggio sparisce dallo Sblocca Italia. Uggè: «favoriamo le imprese straniere a danno delle italiane»


La scomparsa dell’autotrasporto e della norma anticabotaggio dal decreto Sblocca Italia (quella cioè che prevedeva l'inversione dell'onere della prova nella dimostrazione della regolarità del trasporto di cabotaggio) era trapelata la scorsa settimana, per ironia della sorte proprio nelle stesse ore in cui a Lussemburgo la Corte di Giustizia emetteva il suo verdetto sui costi minimi. Il 12 settembre, quando il decreto è finalmente apparso in Gazzetta Ufficiale, c’è stata la conferma. Certo, come già nei giorni scorsi da ambienti governativi si erano rincorse voci sulla volontà di recuperare in sede di conversione quanto si è perso per strada. Ma intanto tocca attendere, senza peraltro avere certezze di vedere soddisfatte urgenti esigenze. Il presidente di Fai-Conftrasporto Paolo Uggè parla di «decisone assurda, controproducente e incomprensibile», visto che la norma concordata «avrebbe consentito controlli efficaci nei confronti delle operazioni abusive di cabotaggio, sempre più in crescita nel nostro paese». Rimane comunque l’interrogativo di fondo: come e per volontà di chi le norme concordate hanno trovato sbarrata la porta del decreto? Difficile rispondere. Uggè formula a sua volta una provocatoria domanda: «è forse una scelta dell'Esecutivo indebolire sempre più le imprese di autotrasporto nazionale?». Di certo, c’è la volontà di «non tutelare centinaia di migliaia di operatori mettendoli in condizione di non reggere alla concorrenza estera, lasciata libera di far concorrenza sleale. In altri paesi europei le norme sono state riviste proprio per impedire che le regole del mercato risultassero falsate dalla mancanza di controlli. Nel nostro Paese, nonostante l'impegno sottoscritto dal ministro Lupi, il governo decide di favorire imprese estere a tutto danno di quelle nazionali». «L'autotrasporto - conclude Uggè - vive momenti difficili e complessi, anche per l'evanescenza del ministero competente. Non è certo una forma di ricatto ma sono questi comportamenti che consentiranno a forme spontanee di rabbia di esplodere».
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giovedì 11 settembre 2014

CGIA Mestre: «Lo stop ai costi minimi rischia di far chiudere migliaia di padroncini»


Dopo la bocciatura da parte della Corte di Giustizia Europea della tariffa minima applicata in Italia per il trasporto merci su strada i nostri padroncini sono a rischio estinzione. Lo denuncia senza mezzi termini la CGIA di Mestre ricordando che su 90.200 imprese attive in Italia, il 68% circa è costituito da aziende artigiane. E adesso, queste piccole realtà, senza più avere la protezione del costo minimo vedranno azzerare in prospettiva il loro potere contrattuale e così si troveranno spesso nell’impossibilità di «coprire i costi aziendali con tariffe chilometriche che, ovviamente, subiranno una caduta verticale». E tutto ciò – constatano sempre alla CGIA – finirà per «i vettori dell’Est Europa che già oggi viaggiano con tariffe stracciate, spesso in palese violazione delle norme di settore e nel mancato rispetto delle disposizioni in materia di sicurezza previste dal codice della strada». Una situazione difficilissima in generale, ma quasi drammatica – sottolinea il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – «per le aziende ubicate nelle aree di confine che sono sottoposte alla concorrenza proveniente dai vettori dell’Est Europa. Questi ultimi hanno imposto una guerra dei prezzi che sta strangolando molti piccoli padroncini. Pur di lavorare oggi si viaggia anche a 1,10-1,20 euro al chilometro, mentre i trasportatori dell’Est, spesso in violazione delle norme sui tempi di guida e del rispetto delle disposizioni in materia di cabotaggio stradale, possono permettersi tariffe attorno agli 80-90 centesimi al chilometro. Con queste differenze non c’è partita. Ora che le tariffe minime non potranno essere più utilizzate, la situazione rischia di peggiorare ulteriormente». Secondo i dati elaborati dall’Ufficio studi della CGIA, tra il primo trimestre 2009 e il secondo trimestre 2014 hanno chiuso oltre 18.500 imprese (-17%) del settore dell’autotrasporto. Alle 90.200 realtà presenti sul territorio nazionale vanno aggiunte almeno altre 40.000 attività prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente un’attività di intermediazione. Per quanto concerne l’occupazion, in mancanza di dati statistici puntual, la CGIA stima, a grandi linee, che in Italia siano occupati nell'autotrasporto tra le 350 e le 400.000 persone. Dall’inizio della crisi hanno perso il posto di lavoro quasi 70.000 addetti. A livello territoriale la Regione che ha subito la contrazione più forte è stata il Friuli Venezia Giulia. Dal primo trimestre 2009 al secondo trimestre del 2014 il numero delle imprese è diminuito del 23,2%. Altrettanto preoccupante è la situazione venutasi a creare in Toscana (-21,6%), e in Piemonte (- 20,2%).
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